martedì 17 aprile 2012

Siete proprio dei narcisetti



Una foto. Una sola. Quella che ritrae Pier Paolo Pasolini seduto sulla panca di uno spogliatoio. Solo, ossuto, a torso nudo, coi calzettoni tirati all’insù. Si allaccia gli scarpini, lancia un sorrisetto di sfida.
È il segnale che precede la battaglia. “Stukas” sta per divorarsi la fascia, in testa un’idea fissa, quella riprodurre il numero del suo idolo, il “doppio passo” alla Biavati. (...)
Perché i “Settanta” sono stati anche questo, un pallone furiosamente rincorso da uno dei più grandi intellettuali di sempre. Del resto, per lui, il football era una delle tre cose per le quali val la pena vivere. Forse anche più delle altre, l’eros e la letteratura.
Una partita come un mese di vacanza. Tra un set e l’altro era sempre lì, sull’erba, sulla sabbia, inghiottito dalla polvere di uno sterrato. Ad impressionare per la rigorosità dell’impegno, per la capacità di calarsi nel ruolo, sempre attivo, sempre nel vivo dell’azione. Una volta s’inventò un tracciante all’incrocio, ubriaco di gioia si mise a correre come un ragazzino impazzito.
E quando perdeva s’immusoniva, tornava a smarrirsi nelle sue ombrosità. Gli successe anche dopo averle prese da Bernardo Bertolucci in quel match storico giocato nel Marzo del ’75 tra le troupe di “Novecento” e “Le centoventi giornate di Sodoma”. Bertolucci ed i suoi trionfarono per 5-2, ma Pasolini abbandonò prima.
Ai suoi, che non gli passavano la palla, ringhiò furibondo: ”Siete proprio dei narcisetti”.
Una foto. Una sola. Cosi’ intensa da racchiudere un mondo. Un mondo in poesia, un mondo in prosa. I due universi in cui Pasolini divideva il calcio.
E che allora, nei favolosi “Settanta”, seppero miracolosamente fondersi insieme.

Giorgio Porrà
(Aprile 2011 - Presentazione dell'Atlante illustrato del calcio ‘70 sul Blog di ISBN Edizioni)

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