mercoledì 30 novembre 2011

"Scusi, ci fa una foto?"



"In ogni strada di questo paese c'è un nessuno che sogna di diventare qualcuno. E' un uomo dimenticato e solitario che deve disperatamente provare di essere vivo."

Taxi driver (1976) - Martin Scorsese


venerdì 18 novembre 2011

Bla bla Blatter


Il n.1 del calcio mondiale Sepp Blatter, in un'intervista rilasciata alla Cnn, ha dichiarato che qualsiasi offesa di natura razzista possa verificarsi nel corso di una partita può e deve risolversi con una stretta di mano negli spogliatoi, definendo minori e sporadici i recenti episodi in Premier League.



"Quando nel '95 giocammo contro la Cremonese, sfidai il portiere e poi finii a terra. Mi rialzai e tutto lo stadio cantava: 'Negro di merda'. Ho sentito un senso di disgusto, per fortuna arrivarono tante scuse più avanti.."

Paul Ince, centrocampista di Manchester United, Inter e Liverpool, primo giocatore di colore a vestire la fascia di capitano della nazionale inglese

giovedì 10 novembre 2011

"La Juve prese Moggi sapendo chi era" di Marco Travaglio







"Quando scoppiò Calciopoli collaboravo con Repubblica e fui il primo a pubblicare le intercettazioni dell’inchiesta della Procura di Torino. Si riferivano alle gare di precampionato dell’estate 2004, dunque non avevano rilevanza penale perché la frode sportiva si consuma soltanto in partite ufficiali. Poi un gip sciaguratamente negò la proroga quando la stagione entrava nel vivo e si dovette archiviare. Ma la Cupola del Pallone era già chiara e lampante. Poi per fortuna, partendo da altri fatti, la Procura di Napoli intercettò dirigenti della Figc e di vari club, arbitri e designatori durante il campionato 2004-2005 e giunse alle stesse conclusioni, però penalmente rilevanti.


Il sistema funzionava così: il calcio italiano era nelle mani della Juventus di Moggi e Giraudo e del Milan di Berlusconi e Galliani, che facevano il bello e il cattivo tempo attraverso manutengoli come il vicepresidente della Figc Mazzini, i designatori arbitrali Pairetto e Bergamo e un harem di arbitri e guardalinee di fiducia. Il presidente Carraro fingeva di non vedere. Così come la giustizia sportiva e gli altri organi di controllo. Chi si sottometteva alla Cupola (la Lazio, la Reggina, la Roma da una certa fase in poi e altri) aveva diritto di esistere; chi si ribellava, come inizialmente la Fiorentina dei Della Valle, o era fuori dal giro, come Moratti e Gazzoni Frascara, veniva bastonato.


I Della Valle, secondo l’accusa, vedendo la loro Fiorentina perseguitata dagli arbitri, andarono a baciare la pantofola dei Mazzini e dei Moggi, e i viola si salvarono in extremis a scapito del Bologna di Gazzoni. L’Inter intanto continuava a spendere e spandere senza toccare palla. Finché Facchetti tentò anch’egli di entrare nel giro, ma con scarsi risultati. Tutti sapevano come andavano le cose, ma nessuno denunciava (a parte Zeman, Baldini e pochi altri outsider, subito messi fuori gioco). Anche molti giornalisti sportivi e moviolisti, che infatti Moggi curava amorevolmente con regali e scoop-omaggio. Gli arbitri che sbagliavano nella direzione giusta venivano premiati, gli altri finivano anzitempo la carriera.


In pieno conflitto d’interessi, Moggi e il figlio gestivano un battaglione di calciatori e allenatori con la Gea World, che riuniva i figli di papà che contavano: Geronzi, Lippi, De Mita, Calleri, Cragnotti, Tanzi. Bastava leggere le intercettazioni per ritenere giuste, anzi troppo lievi, le sanzioni sportive a Juve, Milan, Fiorentina, Lazio e Reggina (la Juve evitò la Serie C solo perché si doveva salvare il Milan dalla B). E basta rileggerle oggi per ritenere sacrosanta la sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato gran parte degli imputati per associazione per delinquere e frode sportiva. Tre giudici, con una presidente tutt’altro che tenera con l’accusa (che tentò addirittura di ricusarla) e sempre elogiata dalle difese, hanno ritenuto provate le accuse dopo tre anni di dibattimento. E si son fatte una risata dinanzi alla linea difensiva moggian-craxiana del “così fan tutti”. Sia perché l’eventuale responsabilità altri non cancella quella di un imputato colpevole; sia perché le mirabolanti intercettazioni sfoderate dalla difesa dimostrano al massimo che l’Inter tentò di entrare nel giro, non che ha commesso reati. Ora Moggi manda a dire che lui ha fatto tutto per conto della Juve: bella novità.


Quando Umberto Agnelli lo ingaggiò, Moggi era imputato a Torino per aver fornito prostitute ad arbitri per le partite di Uefa del Torino. Quindi fu assunto proprio perché si sapeva chi era e come operava. Moggi aggiunge che le schede telefoniche estere da lui usate le pagava la Juventus, per aggirare lo “spionaggio industriale Telecom-Inter”: e allora perché le passò ai designatori Bergamo e Pairetto? Anziché lasciarsi lo scandalo alle spalle, come aveva fatto suo cugino John Elkann, Andrea Agnelli figlio di Umberto e amico di Moggi e Giraudo ha ripreso a gridare al complotto e a rivendicare gli scudetti dello scandalo, giustamente revocati. Ora, con la sentenza di Napoli e i messaggi di Moggi, ha quel che si merita. Forse, anziché vellicare gli istinti peggiori della tifoseria peggiore, farebbe bene a guardare al futuro. A farsi spiegare lo “stile Juventus” da chi ancora sa cos’è come Boniperti, Trapattoni, Zoff e Platini. E magari a costruire stadi più sicuri".


Il Fatto Quotidiano - Marco Travaglio

mercoledì 9 novembre 2011

"Ma noi no" - Informazione(sportiva e..non solo)in Italia, oggi. - Novembre 2011





"La Juventus organizzò una riunione di crisi nella nostra saletta fitness, in palestra, e non la dimenticherò mai. Moggi all’apparenza sembrava quello di sempre, ben vestito e forte. Ma era un altro Moggi. Proprio allora era venuto a galla un nuovo scandalo che riguardava suo figlio, una qualche storia di infedeltà coniugale, e lui ne parlò, di come fosse offensivo, ed ero d’accordo: erano faccende personali che non avevano nulla a che fare con il calcio, ma non fu quello a colpirmi di più. Fu il fatto che cominciò a piangere, proprio lì, davanti a tutti noi. Fu come un pugno nello stomaco. Non l’avevo mai visto debole prima. Quell’uomo aveva sempre avuto padronanza di sé, aveva irradiato potere e forza. Adesso all’improvviso, ero io a provare compassione per lui. Il mondo si era rovesciato".


"Io, Ibra" - Zlatan Ibrahimovic