giovedì 3 maggio 2012

Come si deve stare al mondo...

L´allenatore che mena un giocatore, questa non si era ancora vista. Ma nel campionato dei neurodeliri ci sta. Un uomo di 52 anni, Delio Rossi, si avventa su un ventenne. Adem Ljajic, serbo, è un suo calciatore che l´aveva canzonato dopo la sostituzione, come se trenta e passa anni di differenza non contassero nulla. E Rossi diventa il peggiore degli ultrà, gli mette la mani addosso, gliele piazza in faccia, poi lo picchia sulla testa, e se non glielo levano di sotto è ancora lì adesso che lo gonfia. Una cosa pazzesca. Il filmato avrà già fatto il giro del mondo, così ovunque avranno la conferma di cos´è oggi il calcio in Italia, e forse non solo il calcio.

Il pacato signore, due decenni di carriera alle spalle, rare bizzarrie e comunque mai violente (a meno che non fosse da considerare tale Delio Rossi in slippino, dopo il tuffo nel fontanone per celebrare un derby vinto da laziale), poi rimane al suo posto e non è neppure espulso. Strano, perché se due giocatori vengono alle mani, l´arbitro li caccia all´istante. E se la stessa cosa accade, poniamo, in ufficio o in fabbrica, per i protagonisti della scena c´è il licenziamento in tronco, giusta causa, altro che articolo 18.

Siccome, invece, il calcio è terra di nessuno e non solo in curva, anche in panchina, Delio Rossi si prende pure gli applausi dello stadio al rientro in campo dopo l´intervallo. La folla dell´arena ha deciso qual è il gladiatore buono e quello cattivo, infatti per il ragazzino Ljajic s´alza il coro “sei uno zingaro”, perché un po´ di razzismo a sfondo etnico non si nega a nessuno.

Se non fossimo il campionato delle banane, ci sarebbe quasi da ridere. Neppure Lino Banfi, quand´era un “allenatore nel pallone”, si è mai spinto a tanto: i suoi sceneggiatori non avevano tutta questa fantasia. Ma il raptus del quasi anziano allenatore, e lo sguardo sbigottito dei fratelli Della Valle in tribuna (la Fiorentina, in teoria, è il club che aveva inventato il “terzo tempo” e il fair-play sul modello del rugby), e il volto attonito dei calciatori in panchina dicono che questa scena inedita rappresenta davvero l´attraversamento dell´ultima frontiera: dove ci si spinge per assoluta mancanza di controllo nervoso, per isteria, per completa perdita delle più elementari facoltà mentali.

La violenza non trova giustificazione mai, è una terribile piaga sociale che si scatena spesso in famiglia, il luogo delle sopraffazioni più turpi e della cronaca quotidiana più nera, figurarsi se può essere mostrata dentro uno stadio, con un vecchio (d´esperienza, di vita vissuta) che aggredisce un ragazzo e lo colpisce una, due, tre volte, davanti a migliaia di persone. Quel signore non può rimanere al suo posto un giorno di più.

C´è un fermo-immagine che fa ancora più male. È quando Delio Rossi mostra il pugno chiuso a Ljajic, come un bullo da film di terz´ordine, come un picchiatore di periferia, uno di quelli con l´esistenza sfasciata, mica un ricco e privilegiato uomo di calcio. Dove sarebbe andato a finire, quel pugno, se il vecchio non fosse stato portato via?
Eppure dicono che lo sport è quel posto dove i più giovani imparano dai più vecchi come si vive, come si deve stare al mondo.

"Quando i pugni arrivano in panchina" (Maggio, 2012) -  Maurizio Crosetti per “la Repubblica”


http://www.lanazione.it/firenze/sport/calcio/2012/05/02/706355-fiorentina_novara.shtml




** La foto di copertina è un frame tratto da "Il paese delle spose infelici" (2011) di Pippo Mezzapesa




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